Perdonare e accettare "l'errore" come parte integrante della vita sono condizioni base per il benessere della persona.
Il livello di energia che si consuma nel tenere vivo il livore e l'astio dentro di noi è incalcolabile.
Dire "basta" a una certa condizione interna è fondamentale per guarire le nostre ferite emotive interne. Coincide, metaforicamente, con l'arrestare un'emorragia. Non ancora del tutto con la cura ma è l'inizio della fine del problema. E allora si potrà provvedere a mettere in atto tutta una serie di altre "guarigioni", di pensieri, idee e sentimenti.
La prima condizione di guarigione, dopo avere individuato, grazie alla tolleranza dell'incremento emotivo, sempre più nel profondo, cosa ci bloccava e non ci consentiva un dialogo interno amorevole, è "cessare il fuoco". Dopo che siamo riusciti a individuare il problema, possiamo permetterci di arrabbiarci o dispiacerci come non ci era stato concesso da piccoli, abbiamo finalmente la "libertà espressiva emotiva". Abbiamo sputato fuori tutto il nostro dolore: bene, a questo punto non dobbiamo rimanere intrappolati nei pensieri limitanti definiti in chiave strategica "psicotrappola del vittimismo".
Rimanere nel dolore, nella rabbia verso quello che non ci hanno saputo dare, verso la mancanza di comprensione e amore che abbiamo subito è un grande rischio. Per una possibile psicosoluzione intendo dire che una volta acquisito il problema, sviscerato e approfondito, dovremmo lasciarlo andare. Diversamente, il nostro sistema percettivo reattivo, altamente organizzato e predisposto ad acquisire "abitudine", tenderà a riportarci incessantemente su quel problema.
Perdonare, lasciar andare, non significa "far finta di nulla" o reprimere. Il primo lavoro è far emergere tutto ciò che ci è stato impedito di esprimere, per riconoscere in noi la legittimità di una sofferenza, senza sensi di colpa.
Non si è mai "colpevoli" di un sentimento, quando si è bambini.
I sentimenti non possono essere né pretesi né recriminati: vanno "compresi" e poi " risolti". Il nostro bambino/a interiore ha il bisogno di essere amato e non può farci nulla se si sente solo o non compreso.
Attuare un dialogo interno amorevole nei confronti del nostro bambino interiore è uno dei concetti più difficili da attuare per molte persone. Aver interiorizzato la sensazione di essere stati "sbagliati" ed "egoisti" è molto frequente.
Consiglio di leggere il libro di Daniel Lumera " La cura del perdono. Una nuova via alla felicità" Ed. Mondadori, in questo senso il suo lavoro sul perdono a mio avviso è uno dei più importanti.
Ad esempio un mantra che utilizzo ogni volta che la mia mente si sente di non riuscire a staccarsi da una condizione che genera sofferenza o fastidio è uno appreso nel libro letto sopra indicato:
MI PERDONO, TI PERDONO.
MI LIBERO, TI LIBERO.
MI AMO, TI AMO.
GRAZIE.
UNO NELL'UNO.
UNO NELLA PACE.
UNO NELLA LUCE.
La cosa importante è che vi sia sempre da parte della mente la capacità di imparare a entrare anche nei panni degli altri.
Attraverso il processo del perdono la mente è chiamata ad assumere in modo susseguente tre diversi punti focali:
- quello dell'accusa;
- quello dell'auto-accusa;
- quello della gratitudine;
nei confronti della stessa situazione o persona.
Il pensiero è così sollecitato a "entrare e uscire" dalle sue "forme" e grazie a questo processo, accorgersi di come tutto dipenda dalla forma mentis che si assume è molto più immediato.
Una caratteristica del pensiero maturo è quella di tollerare "la discrepanza" della realtà, ovvero la presenza contemporanea di aspetti positivi e negativi legati a uno stesso oggetto.
Consiglio il libro a chi voglia lavorare in tal senso, e, se con la lettura non riusciamo a risolvere le nostre difficoltà consiglio di chiedere una consulenza a uno psicologo/psicoterapeuta.
Dr. Angelo La Barbera, psicologo strategico
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